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Pirelli Annual Report 2022

Progetto editoriale

Gli autori

di
Hanif
Kureishi
Hanif Kureishi
è nato a Londra da padre pakistano e da madre inglese. Ha studiato filosofia al King’s College di Londra. È romanziere, drammaturgo, sceneggiatore - e per una volta anche regista: London Kills Me (1991). Ha scritto le sceneggiature per i film di Stephen Frears My Beautiful Lauderette (1985, nomination al premio Oscar come migliore sceneggiatura) e Sammie e Rosie vanno a letto (1987), e perThe Mother (2003), Venus (2006) e Le week-End (2013) di Roger Michell. Dal romanzo Nell’intimità (Bompiani, 2000), Patrice Chéreau ha tratto il film vincitore al Festival di Berlino 2001, Intimacy. Bompiani ha pubblicato inoltre Il Budda delle periferie (1990), Il dono di Gabriel (2002), Il corpo (2003), Il mio orecchio sul suo cuore (2004), Ho qualcosa da dirti (2008), L’ultima parola (20013), Le Week-End (2014), Uno zero (2017), Love+Hate (2018) e gli interventi politici Otto braccia per abbracciarti (2002) e La parola e la bomba (2006). Kureishi è stato nominato Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres, e Commander of the Order of the British Empire. Tra i numerosi riconoscimenti ricevuti, il PEN/Pinter Prize. I suoi libri sono tradotti in trentasei lingue.
di
Sachin
Kureishi
Sachin Kureishi
è uno sceneggiatore che vive nel Regno Unito. Nei suoi sette anni di carriera, ha venduto le sue opere a prestigiose compagnie di produzione televisiva ed ha anche scritto per la rinomata soap opera britannica, Hollyoaks. È appassionato di cinema, televisione e giornalismo. (2014), Uno zero (2017), Love+Hate (2018) e gli interventi politici Otto braccia per abbracciarti (2002) e La parola e la bomba (2006). Kureishi è stato nominato Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres, e Commander of the Order of the British Empire. Tra i numerosi riconoscimenti ricevuti, il PEN/Pinter Prize. I suoi libri sono tradotti in trentasei lingue.

Scrivere ai tempi dell’intelligenza artificiale

Essendo scrittori che prendono molto sul serio il proprio tempo libero, l’idea che un giorno l’intelligenza artificiale potesse rubarci il lavoro ci è sempre sembrata allettante. Se riuscisse davvero a scrivere romanzi al posto nostro, sarebbe di sicuro capace anche di rispondere a tutte le nostre e-mail, liberandoci dall’obbligo di leggerle. Forse potrebbe anche andare a bere qualcosa con quel vecchio amico che abbiamo promesso di vedere, togliendoci dall’imbarazzo.

Come è ormai noto, la tecnologia AI si è del tutto democratizzata di recente e chiunque abbia accesso a un computer può creare un account con ChatGPT e mettersi a pasticciare. Al momento è la migliore applicazione testuale, la più facile da usare, e quella che sta crescendo decisamente più in fretta.

Avendo elaborato più di 8 milioni di docum¬enti e di dieci miliardi di parole, è in grado di generare un testo coerente in risposta a qualsiasi domanda; può produrre email, comunicati stampa e altri lavori redazionali. Sa scrivere ricette, pianificare un allenamento, creare codici per applicazioni e persino dare consigli legali.

Come era successo agli albori di Internet, questa tecnologia ci apre un mondo nuovo e misterioso, ma potrebbero volerci anni per capire quali possibilità offre, e soprattutto quali pericoli nasconde. Nemmeno i pionieristici, brillanti programmatori che ci lavorano sanno esattamente cosa contiene questo vaso di Pandora e quali demoni potrebbero risvegliare.

Gli esseri umani tendono per loro natura a precipitarsi verso le novità ed è raro che si prendano una pausa di riflessione per chiedersi se sia davvero una buona idea. Forse tutte le grandi invenzioni richiedono una testardaggine spietata: quando fu lanciato il progetto per creare la bomba atomica, solo due dei mille scienziati che facevano parte del Manhattan Project abbandonarono il gruppo in segno di protesta.

In ogni caso, alcuni personaggi di spicco della comunità che ruota intorno all’AI hanno chiesto di sospendere per sei mesi alcuni la ricerca sui sistemi di intelligenza artificiale, per dare ai programmatori più tempo per comprenderla e se necessario mettere a punto delle strategie di protezione.

Il futuro offre opportunità incredibili, ma la tecnologia si è già insinuata nella vita delle persone. È stimolante vedere quante opportunità può offrire a chi non ha accesso all’istruzione e come scrittori, siamo rimasti impressionati dal suo contributo alla fase di ricerca e anche alla creatività.

Certo, esistono tanti tipi di scrittura ed è probabile che ben presto una gran quantità dei testi più prosaici che leggiamo ogni giorno, dalle semplici pubblicità ai notiziari e alle e-mail, sarà generata dall’AI. Molti temono di essere soppiantati dall’intelligenza artificiale, ma dovrebbero invece impiegare tutte le loro energie per padroneggiare la tecnologia, usandola per lavorare di più e meglio.

Ben lungi dal trovarsi senza lavoro, un copywriter potrebbe riuscire a gestire una decina di progetti contemporaneamente grazie alla tecnologia AI, rivestendo il ruolo di supervisore, che suggerisce contenuti e valuta la qualità del materiale generato insieme al chatbot. Per il momento, possiamo quindi trascurare le previsioni distopiche di un dominio delle macchine. Almeno a breve termine, prima che i robot assassini alimentati dall’intelligenza artificiale decidano di ribellarsi, il rapporto sarà collaborativo: la macchina ha bisogno di una mente umana che la guidi.

In termini di scrittura creativa, abbiamo scoperto che purtroppo no, non può scrivere un romanzo al posto nostro mentre scarichiamo la lavastoviglie (e a dirla tutta, lo scopo dell’AI non era forse quello di evitarci quelle noiose faccende?)

Quando abbiamo iniziato a usare ChatGPT per capire se poteva aiutarci con la scrittura creativa, ci siamo resi conto che rispondeva per lo più con luoghi comuni e stereotipi e offriva finali hollywoodiani melensi, che non ci erano di grande utilità. Era come interagire con un bambino geniale: impressionante quanto sapeva per la sua età, ma non poteva aiutarci veramente. Oppure sì?

Poi ci siamo messi a trattarlo come un adulto, a dargli istruzioni più precise, a sfidarlo se non ci piacevano le sue risposte, a chiedergli di essere critico nei confronti delle nostre idee, di valutarle come un editor. Il chatbot impara quello che gli viene insegnato, rispondendo a input specifici. E finalmente ha iniziato a prenderci sul serio, come se solo in quel momento avessimo davvero catturato la sua attenzione, la sua immaginazione.

E così le idee hanno cominciato a fluire. Profili di personaggi, archi narrativi e strutture di trama - quella che potremmo definire la “fase di costruzione del mondo” - venivano delineati in una frazione infinitesimale del tempo che ci voleva prima. La pagina bianca è il terrore di ogni scrittore ma ora, in questa selva oscura, abbiamo una torcia che ci indica le varie direzioni in cui possiamo avventurarci.

Ovvio, non tutte le idee sono interessanti, ma è straordinario vedere quante ne abbiamo a disposizione grazie a una macchina così sofisticata. Forse non è in grado di farvi una tazza di tè, ma il vostro vecchio compagno di università è capace di recitarvi tutta la storia della letteratura di cui si ha testimonianza?

Per migliaia di anni abbiamo avuto a disposizione i libri, poi è arrivato Google a offrirci un nuovo modo di cercare informazioni. Ci ha dato la chiave della biblioteca mondiale, ma bisognava comunque aprire i libri digitali ed esaminare i testi. Ora basta chiedere al chatbot di scrivere un saggio sul significato della vecchiaia e della morte nel Re Lear e il gioco è fatto: un testo originale, scritto bene, appositamente per voi.

La ricerca e le fonti sono strumenti fondamentali nell’arsenale dello scrittore. Con poche domande intelligenti, potete sapere tutto ciò che vi serve sull’apicoltura, sull’antica alchimia, sulla fabbricazione degli orologi e sui concorsi di Scarabeo. Scoprirete che può aiutarvi a dare alle vostre storie e ai vostri personaggi una misteriosa raffinatezza, e una profondità à la Philip Roth.

È sconcertante pensare a quanto saranno avanzati questi sistemi nel giro di pochi anni. Saranno in grado di scrivere un capolavoro partendo da zero? Ma forse questa domanda contiene un errore di fondo. Un testo senza autore è come una bella automobile senza motore: non avrà mai alcun significato culturale né storico. L’autenticità è soggettività, e la soggettività è la linfa vitale di una storia.

Avremo sempre bisogno del punto di vista di un individuo finché le macchine non raggiungeranno un livello di astrazione umano, cosa che oggi sembra ancora molto lontana. Ma anche mentre scriviamo, è difficile trascurare la preoccupante sensazione che potrebbe davvero accadere molto prima di quanto si possa immaginare.